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Residenza fiscale vs domicilio fiscale
La distinzione tra residenza fiscale e domicilio fiscale è particolarmente rilevante in scenari di mobilità internazionale. Ad esempio, un italiano che lavora temporaneamente all’estero ma mantiene legami forti e continui con l’Italia, potrebbe ancora essere considerato fiscalmente residente in Italia. Questo dimostra come la residenza fiscale sia un concetto complesso, influenzato da una varietà di fattori che vanno oltre il semplice luogo di abitazione o cittadinanza.
A livello internazionale, il modello di convenzione dell’OCSE stabilisce criteri per determinare la residenza fiscale in caso di doppia residenza. Se una persona ha abitazioni permanenti in due stati, sarà considerata residente dello stato con cui ha relazioni personali ed economiche più strette.
In futuro, le modifiche proposte potrebbero cambiare i criteri di determinazione della residenza fiscale, trasformando l’iscrizione all’anagrafe in una presunzione legale relativa anziché in una prova assoluta di residenza in Italia. Queste modifiche mirano a identificare il domicilio come luogo principale delle relazioni personali e familiari, considerando anche le frazioni di giorno trascorse nel territorio.
Cosa stabilisce attualmente la legge su Residenza fiscale e Domicilio fiscale?
L’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir) stabilisce i criteri per determinare la residenza fiscale delle persone fisiche in Italia. Questa normativa comprende un criterio formale, basato sull’iscrizione all’anagrafe delle popolazioni residenti, e due criteri sostanziali: il domicilio e la residenza secondo l’articolo 43 del Codice Civile.
Secondo il Codice Civile, il domicilio è il luogo principale dove una persona gestisce i suoi affari e interessi, come definito nell’articolo 43, comma 1. La Corte di Cassazione, nelle sentenze n. 3586 del 26 ottobre 1968 e n. 435 del 12 febbraio 1973, ha interpretato questi “affari e interessi” in senso ampio, includendo aspetti patrimoniali, economici, morali, sociali e familiari. Pertanto, la determinazione del domicilio deve considerare tutti gli elementi di fatto che indicano la presenza di tali rapporti in un determinato luogo.
La residenza, invece, è definita come il luogo di dimora abituale della persona. La Corte di Cassazione, nelle sentenze n. 2561 del 29 aprile 1975 e n. 5292 delle Sezioni Unite del 28 ottobre 1985, ha chiarito che per “abitualità” non è necessaria la continuità o la definitività. Quindi, un soggetto può essere considerato residente anche se lavora o svolge attività fuori dal proprio comune o stato di residenza, a condizione che mantenga un’abitazione e intenda conservarla come centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
Inoltre, l’articolo 2, comma 2-bis, del Tuir affronta la questione della residenza fittizia all’estero, specialmente nei paesi con fiscalità privilegiata. Secondo questa disposizione, i cittadini italiani che si trasferiscono in paradisi fiscali sono considerati residenti in Italia salvo prova contraria.
Una recente sentenza detta i lineamenti per la residenza fiscale
Una recente sentenza della CGT Lucca, numero 139/1/2024 del 22 maggio 2024, offre un esempio concreto di applicazione delle nuove regole sulla residenza fiscale. Questa sentenza permette di analizzare come l’articolo 2, comma 2 del TUIR e la modifica della presunzione assoluta di iscrizione anagrafica a presunzione relativa possano influenzare le questioni legate alla residenza fiscale delle persone fisiche.
Nel caso esaminato dai giudici toscani, un contribuente era stato contestato dall’Agenzia delle Entrate per il mancato versamento dell’IRPEF dal 2016 al 2020, poiché considerato residente fiscale in Italia a causa della sua iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.
Il contribuente, tuttavia, sosteneva di essere residente fiscale solo in Svizzera, basandosi su diversi elementi:
· Lavorava in Svizzera con un regolare contratto di lavoro dipendente.
· Pagava regolarmente le tasse in Svizzera, come dimostrato dalle dichiarazioni fiscali presentate in tribunale.
· Possedeva una residenza permanente in Svizzera e, probabilmente, vi risiedeva anche la sua famiglia (questo punto, però, non è stato chiaramente specificato).
I giudici hanno accolto il ricorso del contribuente, respingendo la richiesta dell’Agenzia delle Entrate. Questa sentenza è particolarmente interessante non solo per le conclusioni raggiunte, ma anche perché mostra come i nuovi criteri di residenza potrebbero essere applicati in casi simili. In particolare, la presunzione di iscrizione anagrafica.
Prima della riforma del decreto legislativo 209/2023, l’Agenzia delle Entrate spesso utilizzava la presunzione assoluta di residenza fiscale basata sull’iscrizione anagrafica per contestare la residenza di molti contribuenti. Questo creava una dicotomia tra residenza sostanziale e residenza formale.
La nuova formulazione dell’articolo 2, comma 2 del TUIR dovrebbe eliminare questa dicotomia, trasformando l’iscrizione anagrafica da presunzione assoluta a presunzione relativa, che può essere superata dimostrando l’effettiva residenza fiscale all’estero. Il nuovo concetto di residenza delle persone fisiche valorizza la dimora abituale, la presenza fisica e un nuovo concetto di domicilio basato sulle relazioni personali e familiari.
Implicazioni future per la residenza fiscale
Questo cambiamento normativo sulla residenza fiscale potrebbe portare, già nel prossimo futuro, a privilegiare i concetti sostanziali rispetto a quelli formali, riconoscendo l’effettiva residenza di un contribuente in un determinato Paese. Questa evoluzione dovrebbe avvicinare il nostro ordinamento agli standard internazionali, che privilegiano un concetto di residenza legato all’effettivo radicamento sul territorio.
Facciamo alcuni esempi di adempimenti secondo la residenza fiscale:
- Un tedesco residente in Italia e iscritto all’anagrafe in un comune italiano deve compilare il quadro RW per dichiarare una proprietà in Germania.
- Un italiano residente in Francia e iscritto all’AIRE, non essendo fiscalmente residente in Italia, non è obbligato a compilare il quadro RW per i beni in Francia o altrove.
- Un esempio è un cittadino spagnolo che risiede e lavora in Italia. Se questo individuo possiede investimenti o proprietà immobiliari in Spagna, sarà tenuto a riportare tali attività nel quadro RW, evidenziando l’importanza di questa sezione per i residenti fiscali in Italia che possiedono beni all’estero.
- Al contrario, un italiano che si è trasferito negli Stati Uniti e ha stabilito lì la sua residenza fiscale, non sarà tenuto a compilare il quadro RW per i suoi beni negli Stati Uniti. Questo perché, essendo iscritto all’AIRE come residente all’estero, ha perso la residenza fiscale italiana.
È importante notare che la residenza fiscale non è determinata esclusivamente dalla cittadinanza o dalla presenza fisica in un paese. Sono considerati altri fattori, come il luogo in cui una persona ha la maggior parte dei suoi interessi economici e personali, o il luogo in cui ha stabilito il suo domicilio fiscale. Questi criteri sono fondamentali per stabilire dove un individuo debba pagare le tasse sui suoi redditi globali.